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Dopo secoli di sovrappopolamento della montagna meridionale e di diboscamenti forsennati le foreste sono tornate da tempo a espandersi stabilmente sui versanti, anche se in condizioni prevalenti di abbandono e inselvatichimento provocate da fattori riconducibili principalmente alle difficili condizioni orografiche, al costo della manodopera, alla complessità del quadro normativo e vincolistico nazionale e regionale, alla scarsa organizzazione della filiera e alle variazioni del mercato. All'abbandono e all'inselvatichimento del bosco va contrapposto un uso corretto della risorsa forestale esercitato come forma essenziale di manutenzione continua e programmata del territorio, nel rispetto delle indicazioni normative e delle direttive tecniche fornite dalla pianificazione idrogeologica di bacino e dalla pianificazione delle utilizzazioni boschive. Tuttavia la cultura e la politica di settore stentano ancora a comprendere appieno valenza e implicazioni delle trasformazioni epocali che hanno riguardato negli ultimi decenni il patrimonio forestale e l'economia montana. Prendendo le mosse dall'analisi del complesso rapporto generatosi nel tempo tra le popolazioni della montagna meridionale e il bosco, l'autore indaga sull'evoluzione dell'approccio scientifico e legislativo alla problematica forestale, sostenendo la necessità di un uso consapevole del territorio montano e dei boschi, che coniughi l'interesse imprenditoriale al prelievo e alla trasformazione delle risorse rinnovabili con la necessità di conservare e migliorare la copertura vegetazionale come fattore insostituibile di stabilità idrogeologica ed elemento primario di valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio.